AMARCORD: NOI GIORNALISTI, COME ERAVAMO... GIOVANI

 

                                                                                                                                        

di Nando Piantadosi

Oltre che “solo” scriverne, talvolta il calcio cercavamo anche di giocarlo. L’occasione più ghiotta, per noi che ci occupavamo di sport, capitava una volta all’anno, era il match che vedeva fronteggiarsi in campo giornalisti sportivi e dirigenti del Napoli.

Finiva inesorabilmente con la vittoria del management azzurro, quasi sempre di misura, nonostante i nostri sforzi. Quelle rare volte in cui non ci si smuoveva dal pari, a “mettere le cose a posto” ci pensava il direttore di gara, spesso anch’egli un giornalista. Con la compiacenza dell’arbitro veniva fischiato un rigore inesistente a favore dei dirigenti azzurri. Dopo flebili proteste il presidente Corrado Ferlaino collocava la palla sul dischetto e realizzava il penalty anche grazie alla complicità del portiere.

Quella volta, all’ex campo Italsider di Cavalleggeri, ebbi modo di vedere giocare fuori dai pali un simbolo del Napoli di quei tempi: Luciano Castellini detto “giaguaro”. Era famoso per i suoi “colpi di reni”, il balzo felino, la presa ferma e i rigori, che eseguiva in maniera magistrale. Ovviamente gli impedimmo di fare il portiere e così, quel giorno, gli toccò doverci dimostrare che di talento ne aveva anche con la palla al piede. Per marcarlo fu scelto Guido Baldari, ostico e veloce terzino di fascia, oggi in quota SSCNapoli, che ebbe il suo bel da fare per tutta la durata della partita.

Nel ritratto di famiglia c’è quanto di meglio offriva il panorama giornalistico in termini di calcio giocato e scritto. Non faccio i nomi. Ciascuno cerchi di riconoscersi, se ci riesce. Io – all’epoca semplice compagno in giornalismo di chi, ogni domenica, fedelmente trasformava in titolo, occhiello e parole il gioco più bello del mondo – mi sono riconosciuto, sia pure con qualche difficoltà.

Mi piace sottolineare soltanto le presenze di un giovane Pierpaolo Marino, con un folto ciuffo di capelli, e soprattutto del “presidente”. La contemporanea presenza del “giaguaro” e la mia tra la formazione dei giornalisti, mi fa dedurre che eravamo nell’anno 1984 o 1985, in sostanza la vigilia dell’arrivo a Napoli del più grande gioiello del calcio mondiale. Mi piace pensare che mentre dribblava un avversario o passava la palla ad un compagno di squadra, il presidente Ferlaino stesse già pensando all’operazione Maradona, che di li a poco sarebbe diventato re del calcio e re di Napoli.