Un’ora e più di fuoco, quasi trenta tiri a rete ma un solo gol, quello di Petagna (58’) inzialmente tenuto fuori per tirare un po’ il fiato ed entrato dopo quasi un’ora di gioco per chiudere il match lì davanti, ma non c’ stato verso per aver ragione dello Spezia che inaspettatamente è prima riuscito a pareggiare su calcio di rigore regalato da Fabian Ruiz e dalla difesa napoletana agli avversari con Pobega dal dischetto. E poi, sempre Pobega ha rifilato il colpo del kappaò dello Spezia alla squadra di Gattuso, sebbene in inferiorità numerica per il doppio giallo subito da Ismajli, una beffa per gli azzurri. Finito al tappeto, il Napoli non è più stato in grado di rialzarsi, malgrado i tentativi di Gattuso operati per scuotere la squadra anche attraverso agli ingressi di Elmas, Lobotka e Llorente, e lo spstamento sulla fascia di Lozano dal ruolo di attaccante centrale assunto all’inizio del match, tutto inutile sino alla fine. Cosa è mancato?, soprattutto la cattiveria, la lucidità e la qualità lì davanti, la spietatezza sotto rete. A dirla tutta il solito Napoli, un po’ bizzarro, un po’ confuso, afflitto dai mali antichi là in prima linea ed anche sulla linea arretrata, dove ha perso la testa. Ma gli errori sono stati infiniti principalmente dalla zona della trequarti e nell’area avversaria, tali e tanti gli orrori e gli errori senza i quali lo Spezia avrebbe lasciato il “Maradona” distrutto sotto una valanga di gol che ci potevano stare e che invece non ci sono stati. Insomma quei malanni che continuano a caratterizzare le prestazioni di Insigne e dei suoi compagni: tutti insieme una grande orchestra che suona però i mandolini anziché la grancassa. Proprio Insigne ha sballato un’occasione clamorosa dopo appena due minuti di gioco, mentre tutta la squadra a sua volta ha prodotto almeno dieci conclusioni a rete nel primo quarto d’ora, però senza alcuna efficacia e chissà quante nell’intera partita. D’altronde a porre gli azzurri difronte alle loro responsabilità e incapacità nelle conclusioni parlano chiaramente i numeri che non mentono mai: tra il match di Cagliari e quello con lo Spezia i giocatori di Gattuso hanno prodotto ben sessanta conclusioni verso le porte delle due squadre citate. C’è da considerare anche che sul 2 a 1 per il team guidato da Italiano alla prima vittoria esterna, la squadra azzurra presa dal panico per la sconfitta che si prospettava, ha continuato a sbagliare e ancora più di prima, sempre e soprattutto nell’area spezzina. E nel calcio per aver ragione “la palla devi buttarla dentro, altrimenti risulta difficile parlare di mentalità e di carattere”, pensieri e parole di Gattuso nel doloroso dopo partita, mentre capitan Insigne un attimo prima di lui si è addossato responsabilità che tutto sommato non gli competono del tutto: “E’ colpa mia che non ho trascinato i compagni”, una frase che gli fa onore mentre il tecnico ha approfondito l’esame della prestazione dei suoi, alla ricerca delle ragioni che determinano sbalzi del genere nell’ambito dello stesso match inutilmente dominato: è mancata cattiveria sotto porta?: “Bisogna capire perché succede – ha replicato Gattuso – visto che siamo la squadra che in Europa tira di più. Dico che siamo troppo nervosi. Non si può perdere la testa perché si sbaglia un passaggio, succede che alla prima difficoltà sbagliamo ancora di più. E’ vero, siamo privi di Mertens e di Osimhen, due calciatori importanti per noi. Ma non è solo sfortuna, la squadra non riesce a restare sul pezzo. Ci siamo addormentati e ci facciamo del male da soli, stiamo perdendo delle partite incredibili. Ripensandoci avrei fatto bene a sostituire Maksimovic. Comunque la responsabilità è la mia che non ho fatto ancora capire come sia necessario conservare calma e lucidità”. Una pausa per l’ultima riflessione: “Vorrei vedere la squadra tranquilla e non schizofrenica”. E se lo sostiene Gattuso, la tesi non è da mettere in dubbio.