di Enrico Fasano
Nonostante il poco ortodosso “botta e risposta” fra tifoserie (ripugnanti cori razziali da una parte, bizzarro e quantomeno fuori luogo tiro al bersaglio dall’altra), si prospettava un Napoli-Juve sinonimo di “partita dell’anno”, emblema del bel calcio e della sfida senza fine tra le due maggiori forze del campionato nostrano. E’ stato invece un match che ha visto prevalere i tatticismi, il cuore e la grinta di entrambe le squadre. Poche le azioni salienti, che si riducono a celebrare l’eterno scontro Cavani-Chiellini come loro elemento principale.
La prima frazione comincia con la rapida presa di posizione a centrocampo dei bianconeri che, sebbene il pressing del Napoli sia alto ed asfissiante, riescono a non minare la loro proverbiale tranquillità nel far girare palla in difesa. E’ così che nascono i primi pericoli per la porta di De Sanctis: troppo netta la superiorità a centrocampo, alimentata dallo spessore internazionale dei tre centrali juventini. Dopo il gol di Chiellini, il quale salta indisturbato sul colpevole Britos, la formazione di Mazzarri però si scuote e già dai primi attimi successivi alla rete bianconera dimostra di voler acciuffare il pari prima del riposo. Pareggio che arriverà, allo scadere del primo tempo, con un destro dal limite dell’area di Inler, leggermente deviato dalla testa di Bonucci. Poi, durante il recupero dei primi 45’ di gioco, il giallo: Cavani colpisce al volto Chiellini con una gomitata, ma Orsato (dopo un breve colloquio con l’arbitro di porta) opta per il giallo. Rivedendo le immagini ci si sarebbe potuti orientare più sull’arancione scuro, dato che il fallo del Matador (reazione o non) non era dei più amichevoli.
Si va a riposo: Dzemaili per Britos e modulo a trazione anteriore. C’è più spunta, e si vede. Il secondo tempo è infatti un monologo azzurro, che tuttavia Mazzarri riesce ad argomentare soltanto con alcune pericolose conclusioni dalla distanza. Nelle fila juventine nessun grande stravolgimento tattico e, soprattutto, nessuna voglia di alimentare il ritmo di gioco né di andare a vincere la partita. La spinta partenopea dura quindi sino al 92’, quando Orsato pone fine alla gara.
La più comoda delle condanne, l’arcisentita “occasione sprecata”, stavolta però va presa con le pinze. Appare troppo facile colpevolizzare un Napoli che ha tenuto a bada, a tratti dominato, i Campioni d’Italia senza tener conto delle singole mattonelle che hanno edificato la fortezza. La società azzurra ha lo straordinario merito di aver ricostruito nell’arco di pochi anni una squadra che potesse far tornare a gioire una piazza importante come quella partenopea. Pur avendo collezionato appena 4 punti nelle ultime 4 partite, infatti, il Napoli è ancora a 6 punti dalla capolista, dimostrazione che anche quest’anno lo si vivrà all’insegna del miglioramento, a prescindere da come finirà il discorso scudetto.