Sfatato il maledetto tabù del San Paolo in campionato: dopo il Barcellona in Champions il Napoli afferra il Toro per le corna ed offre una buonissima ed anche divertente prestazione di calcio realizzando un ulteriore grosso passo in avanti verso l’Europa, accompagnato da un pensierino proiettato verso mete molto ambite: Napoli a meno tre dalla Roma e meno sei dall’Atalanta, in attesa delle altre partite. Sarà possibile? Questa coi granata per gli azzurri nel complesso è la quinta vittoria interna della stagione che cancella le sconfitte subite nel Tempio dall’inizio dei lavori dell’era Gattuso. Strafelice ma anche furibondo Ringhio: non gli è andato giu’ il gol del 2-1 incassato dai granata nel finale di un match stradominato in lungo e in largo dalla squadra del cuore, a segno con Manolas (terzo gol della serie personale del greco, 19’), raddoppiato da una rete di Di Lorenzo (82’), al suo primo bersaglio al San Paolo, in anticipo su Sirigu, su pennellata di Mertens che sa rendersi sempre utile, dentro nella partita al posto di Milik (74’), ormai esausto. Sì, se l’è presa Gattuso per quel gol di Edera beccato su di una improvvisa sbavatura emersa nel tempo di recupero, 91’, e che ha fatto schiumare di rabbia Ringhio il quale per la verità aveva indovinato tutto nelle scelte con un molto relativo turnover: nella difesa intatta, una sola variazione, Hysaj a sinistra per Mario Rui, con buonissime e azzeccate varianti a centrocampo con Lobotka tra Fabian Ruiz e Zielinski. Più avanti Politano a destra e Milik centrale, con Insigne superstar con la fascia nella sua consueta posizione. Bel Napoli, uno spettacolo. Un’orchestra piacevole a vedersi, il Toro matato non c’ha capito più nulla, mentre dalla Torcida azzurra sono partiti applausi e cori e tanta tantissima umanità espressa per città e paesi del Nord colpiti fortemente dal corona-virus, una grande lezione rivolta ai razzisti e ai loro cori antinapoletani. Tornando al match il “cuore Toro” non è bastato a fronteggiare il “cuore Napoli” che ha sostenuto e alimentato per l’intera partita un team che sta tornando grande, ma che è venuto meno in un solo momento, un minuto oltre la fine regolamentare, l’unico neo di una superprestazione da parte di Insigne e dei suoi compagni e che comunque non ombra i meriti degli azzurri, riabbracciati dalla Torcida della squadra del cuore, invitata da Gattuso a portarsi sotto la curva per salutare i tifosi. Ringhio alla fine non poteva non congratularsi con i suoi ragazzi: “La squadra mi è piaciuta molto, mi ha fatto però arrabbiare per quei cinque minuti finali e per quel gol incassato nell’ultimo minuto. Perché? Perché c’è pigrizia, superficialità. Non siamo andati con veleno e cattiveria agonistica e sappiamo ciò che abbiamo rischiato. Dico che dobbiamo essere squadra sempre. E credere fortemente in quello che stiamo facendo, senza dimenticare il Parma, la Fiorentina, il Lecce, partite in cui c’è anche il mio zampino. Aggiungo che non è vero che facciamo catenaccio, giochiamo invece tutte e due le fasi, quella in possesso di palla e quella no. ”. La rabbia è sbollita, intanto: “Per i miei giocatori vado a scalare una montagna e per quanto riguarda il gioco li preferisco belli in attacco e brutti in difesa, ma non dobbiamo lasciare le porte aperte”, la predica di Ringhio non è mica cambiata, malgrado il sesto posto.